Renato Volpini
Napoli, 1934 - Milano, 2017
La nascita napoletana è solo anagrafica in quanto si trasferisce presto ad Urbino dove, nel 1957 si diploma presso il Magistero Artistico. La formazione acquisita alla Scuola d’Arte di Urbino e in particolare dai maestri dell’incisione, hanno saputo trasmettere all’artista quella giusta mescolanza di competenza e tradizione favorendo allo stesso tempo lo slancio e l’attrazione verso poetiche artistiche di altri paesi. Nel 1958 l’artista si trasferisce a Milano. É un uomo semplice, curioso, vivace ed intelligente, sempre in movimento. Un moto continuo, non solo fisico, ma anche della fantasia. Per descrivere le sue opere vale la descrizione fatta da Sam Butler: "Ogni opera d'uomo, sia che si tratti di letteratura, musica, pittura o architettura, è sempre il suo ritratto". Un ritratto in continua evoluzione, ma che fa di Renato Volpini per la sua predilezione di un mondo fatto di alieni, l'"uomo venuto dalle stelle".
Il suo lavoro è una continua ricerca di stile all'interno della sua illimitata fantasia e, osservandolo attentamente, si comprende che tutto il suo percorso professionale è passato tra lo zelo, l'aggiornamento tecnico e la fedele e fortissima volontà creatrice. I suoi primi quadri sono di pura matrice Surrealista, con sconfinamenti nell'Informale e, passando da un gesto forte e istintivo iniziale, sfociano col tempo in un raffinato cromatismo delineato da un segno fluido e lieve, quasi calligrafico. Essi sono premonitori di situazioni e personaggi totalmente inventati, che costituiranno la tematica del suo linguaggio espressivo futuro. Egli infatti non ha immaginato altro che mondi sconosciuti ed esseri improbabili durante tutta la sua esistenza, nonché mezzi per raggiungerli, avendo la certezza assoluta della presenza di altre dimensioni di vita extraterrestre.
Volpini, fin dai suoi primi esordi, viene invitato a esporre in spazi pubblici e privati, con mostre collettive e personali che lo portano alla Biennale dell’Incisione a Venezia nel 1957, 1959 e 1965; alla Mostra dell’Incisione Italiana in Polonia (1959-60); alla III Biennale d’Alessandria d’Egitto (1960), alla VII e VIII Quadriennale romana, al Premio La Spezia. E’ Presente nel 1962 ai Premi Marzotto e San Fedele, alla Biennale dell’incisione di Tokyo, alla Biennale della grafica a Lubiana nel 1962 e 1964, al Premio Biella dell’incisione nel 1964, al Maggio di Bari nel 1966 e l’anno seguente al Premio Ramazzotti, alla Biennale di S. Paolo del Brasile e a quella di S. Benedetto del Tronto.
Gli sono stati attribuiti il III premio per l’incisione a Venezia nel 1957, il primo premio per l’incisione alla Biennale di Alessandria d’Egitto nel 1960, il primo Premio al San Fedele nel 1962, il secondo al Premio Cesare Sestonel 1964, la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione al Premio Gallarate del 1966. Dal 1958 espone con mostre personali a Trieste, Bologna, Verona, Milano, Venezia, Tokio, Stoccarda, Trento, Torino e altre città.
I suoi marchingegni e macchinari metamorfici, trattati dalla metà degli anni settanta, parlano di folgorazioni e di pensieri tradotti in forme, rappresentano come interpreta De Santi “[…] il momento in cui le cose appaiono nude, simbolo, o meglio simulacro di se stesse. E’ il momento in cui l’anima scopre, per dirla con Pascal, la sua nudità terribile, tanto da desiderare l’oblio”. Volpini in questo modo cerca di fissare le cose, di possederle, di farle proprie quasi come in una raccolta preziosissima, ma nel momento in cui lo fa, estrapolate dal loro contesto, esse diventano feticci che denunciano il fallimento di ogni tentativo di collezione.
Come scrive Marco Valsecchi: “Volpini è il pittore delle “macchine inutili”, marchingegni particolari, stantuffi, pulegge, leve, con una descrizione a profili neri e netti come nei progetti d’ingegneria, per cui sul piano ferocemente bidimensionale e per effetto di completamenti a tratteggio la macchina lascia trasparire la sua dimensione plastica, quasi le sue viscere come in una radiografia”.
Alla sua attività creativa ha alternato quella dello stampatore lavorando con molti artisti italiani e stranieri, quali Sebastian Matta, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Robert Rayman, Valerio Adami, Man Ray, Wilfredo Lam. Insieme hanno eseguito litografie, incisioni, tecniche miste e serigrafie apprezzate nel mondo e, anche grazie a questi incontri con relativi confronti, egli ha sviluppato in questo settore, parallelamente a quello pittorico e compositivo, una forma espressiva peculiare e di altissimo livello riconosciutagli dai critici più esigenti.
Un percorso denso di ricerca quindi, e di personalissima esperienza grafico-pittorica, che lo vede sposare anche la tecnica del collage polimaterico a partire dagli anni novanta. La sua opera è ricca di spunti teorici e di accostamenti a temi svariati, sempre intenzionata a trasferire un mondo psichico in una realtà fenomenica come ad esempio in Studio per Warriors del 1982 o nella serigrafia in esemplare unico Navicella Spaziale del 1988. La sua Macchina inutile (1974), è un esempio di lavoro attorno al colore oltre che ricerca approfondita sul valore che si dà agli oggetti, ai macchinari ed alle invenzioni nella società attuale; i suoi esseri e le sue personalissime astronavi volanti ci fanno pensare al desiderio di volare verso un’altra realtà, verso un altrove sconosciuto.
Il percorso stilistico di Volpini ci rapisce ancora una volta quando notiamo i suoi collage a base di aeroplani, di disegni fumettistici, di giocattoli collocati in un contesto narrativo valorizzato a sua volta da una tecnica d’altri tempi come l’acquaforte.
Nella primavera 2002 il Palazzo Ducale di Urbino presta le Sale del Castellare alla raccolta delle sue opere. Le varie metamorfosi stilistiche che emergono viaggiando attraverso le opere dell’artista parlano di una sua autonoma e personalissima cognizione dello spazio, della figurazione e dell’uso del colore.
La mostra rivisita le varie fasi creative dell’artista lasciando lo sguardo dello spettatore incuriosito ed attratto dalle sue molteplici abilità grafiche ed incisorie, oltre che dai suoi sconvolgenti approcci al Surrealismo ed al Realismo informale nelle creazioni degli ultimi decenni; il punto focale rimane comunque sempre l’accentuata introversione nel suo mondo interiore. Urbino celebra l’opera di Renato Volpini, distinguendo e allo stesso tempo raccontando le fasi creative che negli anni lo hanno attraversato: dalla prima vagamente informale a quella degli ultimi anni, che lo vede trattare elementi fabulistici in tavole grafiche e collagistiche, senza mai omologare il suo operato a correnti artistiche o modalità comunicative del momento, restando fedele ad una certa introspezione e sensibilità creativa, senza perdere la sua originale rivisitazione della realtà.
Ora Volpini usa il computer. Lo strumento digitale rende le sue ultime opere sempre più complesse e raffinate, dove il segno permane leggero, il colore è talvolta esplosivo e gli strati sovrapposti sono miracolosamente trasparenti. Sono assemblaggi straordinari, capolavori di manipolazione di materiali e tecniche innovative che fanno di lui un illustre e illuminato artista dei nostri tempi, che si rinnova continuamente e che cerca con l'aiuto delle sue creazioni la verità e il senso della vita. E’ del 2003 l’ antologica dedicata ai quarant'anni di carriera di Renato Volpini. Dopo un lungo periodo di silenzio, Volpini è oggi nuovamente presente con continuità sulla scena artistica nazionale, come dimostrano ad esempio la mostra che gli e' stata dedicata da Palazzo Ducale di Urbino nel 2002, quella del 2003 alla Santabarbara Arte Contemporanea presentata da Gillo Dorfles, quella allo Studio Ghiglione di Genova nel 2006, la partecipazione alla mostra -Un Secolo Arte Italiana - Lo sguardo del collezionista - Opere dalla Fondazione VAF- al MART di Rovereto nel 2005 e la recente pubblicazione dei volumi monografici -Volpini anni Sessanta- e -Renato Volpini anni Sessanta...e oltre-, edizioni in tiratura limitata nelle quali l'artista presenta, a fianco delle opere storiche, i recenti ODM (opere originali-digitali-mediali) che segnano la sua produzione piu' recente. Dal 27 febbraio al 5 aprile 2008 la Galleria d’arte Annunciata di Milano ospita la mostra “Milano anni 60: Renato Volpini ieri e oggi”
Musei in cui sono conservate le sue opere:
Museo Sperimentale d’Arte Moderna di Torino,
Museo d’Arte Moderna di Roma,
Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano,
Bodensee Museum di Friedrichshafen,
Museum of Modern Art di New York.
Bibliografia:
Il collezionista d’arte moderna, Torino, Giulio Bolaffi Editore, 1963; Enciclopedia Universale Seda della Pittura Moderna, Milano, Seda, 1969; Renato Volpini, Palazzo Ducale, Sale del Castellare, Urbino. Catalogo a cura di Floriano De Santi, 2002
Il suo lavoro è una continua ricerca di stile all'interno della sua illimitata fantasia e, osservandolo attentamente, si comprende che tutto il suo percorso professionale è passato tra lo zelo, l'aggiornamento tecnico e la fedele e fortissima volontà creatrice. I suoi primi quadri sono di pura matrice Surrealista, con sconfinamenti nell'Informale e, passando da un gesto forte e istintivo iniziale, sfociano col tempo in un raffinato cromatismo delineato da un segno fluido e lieve, quasi calligrafico. Essi sono premonitori di situazioni e personaggi totalmente inventati, che costituiranno la tematica del suo linguaggio espressivo futuro. Egli infatti non ha immaginato altro che mondi sconosciuti ed esseri improbabili durante tutta la sua esistenza, nonché mezzi per raggiungerli, avendo la certezza assoluta della presenza di altre dimensioni di vita extraterrestre.
Volpini, fin dai suoi primi esordi, viene invitato a esporre in spazi pubblici e privati, con mostre collettive e personali che lo portano alla Biennale dell’Incisione a Venezia nel 1957, 1959 e 1965; alla Mostra dell’Incisione Italiana in Polonia (1959-60); alla III Biennale d’Alessandria d’Egitto (1960), alla VII e VIII Quadriennale romana, al Premio La Spezia. E’ Presente nel 1962 ai Premi Marzotto e San Fedele, alla Biennale dell’incisione di Tokyo, alla Biennale della grafica a Lubiana nel 1962 e 1964, al Premio Biella dell’incisione nel 1964, al Maggio di Bari nel 1966 e l’anno seguente al Premio Ramazzotti, alla Biennale di S. Paolo del Brasile e a quella di S. Benedetto del Tronto.
Gli sono stati attribuiti il III premio per l’incisione a Venezia nel 1957, il primo premio per l’incisione alla Biennale di Alessandria d’Egitto nel 1960, il primo Premio al San Fedele nel 1962, il secondo al Premio Cesare Sestonel 1964, la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione al Premio Gallarate del 1966. Dal 1958 espone con mostre personali a Trieste, Bologna, Verona, Milano, Venezia, Tokio, Stoccarda, Trento, Torino e altre città.
I suoi marchingegni e macchinari metamorfici, trattati dalla metà degli anni settanta, parlano di folgorazioni e di pensieri tradotti in forme, rappresentano come interpreta De Santi “[…] il momento in cui le cose appaiono nude, simbolo, o meglio simulacro di se stesse. E’ il momento in cui l’anima scopre, per dirla con Pascal, la sua nudità terribile, tanto da desiderare l’oblio”. Volpini in questo modo cerca di fissare le cose, di possederle, di farle proprie quasi come in una raccolta preziosissima, ma nel momento in cui lo fa, estrapolate dal loro contesto, esse diventano feticci che denunciano il fallimento di ogni tentativo di collezione.
Come scrive Marco Valsecchi: “Volpini è il pittore delle “macchine inutili”, marchingegni particolari, stantuffi, pulegge, leve, con una descrizione a profili neri e netti come nei progetti d’ingegneria, per cui sul piano ferocemente bidimensionale e per effetto di completamenti a tratteggio la macchina lascia trasparire la sua dimensione plastica, quasi le sue viscere come in una radiografia”.
Alla sua attività creativa ha alternato quella dello stampatore lavorando con molti artisti italiani e stranieri, quali Sebastian Matta, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Robert Rayman, Valerio Adami, Man Ray, Wilfredo Lam. Insieme hanno eseguito litografie, incisioni, tecniche miste e serigrafie apprezzate nel mondo e, anche grazie a questi incontri con relativi confronti, egli ha sviluppato in questo settore, parallelamente a quello pittorico e compositivo, una forma espressiva peculiare e di altissimo livello riconosciutagli dai critici più esigenti.
Un percorso denso di ricerca quindi, e di personalissima esperienza grafico-pittorica, che lo vede sposare anche la tecnica del collage polimaterico a partire dagli anni novanta. La sua opera è ricca di spunti teorici e di accostamenti a temi svariati, sempre intenzionata a trasferire un mondo psichico in una realtà fenomenica come ad esempio in Studio per Warriors del 1982 o nella serigrafia in esemplare unico Navicella Spaziale del 1988. La sua Macchina inutile (1974), è un esempio di lavoro attorno al colore oltre che ricerca approfondita sul valore che si dà agli oggetti, ai macchinari ed alle invenzioni nella società attuale; i suoi esseri e le sue personalissime astronavi volanti ci fanno pensare al desiderio di volare verso un’altra realtà, verso un altrove sconosciuto.
Il percorso stilistico di Volpini ci rapisce ancora una volta quando notiamo i suoi collage a base di aeroplani, di disegni fumettistici, di giocattoli collocati in un contesto narrativo valorizzato a sua volta da una tecnica d’altri tempi come l’acquaforte.
Nella primavera 2002 il Palazzo Ducale di Urbino presta le Sale del Castellare alla raccolta delle sue opere. Le varie metamorfosi stilistiche che emergono viaggiando attraverso le opere dell’artista parlano di una sua autonoma e personalissima cognizione dello spazio, della figurazione e dell’uso del colore.
La mostra rivisita le varie fasi creative dell’artista lasciando lo sguardo dello spettatore incuriosito ed attratto dalle sue molteplici abilità grafiche ed incisorie, oltre che dai suoi sconvolgenti approcci al Surrealismo ed al Realismo informale nelle creazioni degli ultimi decenni; il punto focale rimane comunque sempre l’accentuata introversione nel suo mondo interiore. Urbino celebra l’opera di Renato Volpini, distinguendo e allo stesso tempo raccontando le fasi creative che negli anni lo hanno attraversato: dalla prima vagamente informale a quella degli ultimi anni, che lo vede trattare elementi fabulistici in tavole grafiche e collagistiche, senza mai omologare il suo operato a correnti artistiche o modalità comunicative del momento, restando fedele ad una certa introspezione e sensibilità creativa, senza perdere la sua originale rivisitazione della realtà.
Ora Volpini usa il computer. Lo strumento digitale rende le sue ultime opere sempre più complesse e raffinate, dove il segno permane leggero, il colore è talvolta esplosivo e gli strati sovrapposti sono miracolosamente trasparenti. Sono assemblaggi straordinari, capolavori di manipolazione di materiali e tecniche innovative che fanno di lui un illustre e illuminato artista dei nostri tempi, che si rinnova continuamente e che cerca con l'aiuto delle sue creazioni la verità e il senso della vita. E’ del 2003 l’ antologica dedicata ai quarant'anni di carriera di Renato Volpini. Dopo un lungo periodo di silenzio, Volpini è oggi nuovamente presente con continuità sulla scena artistica nazionale, come dimostrano ad esempio la mostra che gli e' stata dedicata da Palazzo Ducale di Urbino nel 2002, quella del 2003 alla Santabarbara Arte Contemporanea presentata da Gillo Dorfles, quella allo Studio Ghiglione di Genova nel 2006, la partecipazione alla mostra -Un Secolo Arte Italiana - Lo sguardo del collezionista - Opere dalla Fondazione VAF- al MART di Rovereto nel 2005 e la recente pubblicazione dei volumi monografici -Volpini anni Sessanta- e -Renato Volpini anni Sessanta...e oltre-, edizioni in tiratura limitata nelle quali l'artista presenta, a fianco delle opere storiche, i recenti ODM (opere originali-digitali-mediali) che segnano la sua produzione piu' recente. Dal 27 febbraio al 5 aprile 2008 la Galleria d’arte Annunciata di Milano ospita la mostra “Milano anni 60: Renato Volpini ieri e oggi”
Musei in cui sono conservate le sue opere:
Museo Sperimentale d’Arte Moderna di Torino,
Museo d’Arte Moderna di Roma,
Civica Galleria d’Arte Moderna di Milano,
Bodensee Museum di Friedrichshafen,
Museum of Modern Art di New York.
Bibliografia:
Il collezionista d’arte moderna, Torino, Giulio Bolaffi Editore, 1963; Enciclopedia Universale Seda della Pittura Moderna, Milano, Seda, 1969; Renato Volpini, Palazzo Ducale, Sale del Castellare, Urbino. Catalogo a cura di Floriano De Santi, 2002