Felice Boselli
Piacenza, 1650 - Parma, 1732
L’opera in oggetto è stata dipinta da Felice Boselli verso il 1690, in contiguità con la grande Natura morta della verza (Piacenza, collezione privata) che lo storico dell’arte Ferdinando Arisi rese nota nel 1973 nel volume sull’artista. Qui però si notano profonde differenze, a partire dall’attenzione ai vasi di cucina davanti al grande tagliere tondo che funge da fondale. Si tratta certamente di un’opera commissionata dalla famiglia Scotti di Vigoleno, Piacenza, in quanto il grande vaso invetriato a sinistra, posto accanto a un fiasco dal collo rotto, porta il loro stemma. Molto probabilmente si tratta di un vaso rustico di ceramica parmense-piacentina come quelli emersi dagli scavi operati in occasione dei restauri del dopoguerra. E’ una composizione di alta qualità che presenta molti nuovi particolari studiati dal vero per l’occasione, come per esempio il vasellame da cucina e i funghi in primo piano, che non sono i soliti porcini, bensì ovoli, visti da sotto, e dal gruppo di cotechini appesi dietro il gambo nerastro della verza. Nella produzione del Boselli sono invece frequenti gli altri elementi, a cominciare dalla verza e dal melone spaccato, dai sedani, dal pollame appeso e dalla lepre, dipinti dal vero e con grande accuratezza perché concreti in ogni parte. In particolare si sottolinea il pollo spennato sulla plancia, reso con vivissima attenzione, che è forse il punto di più alta qualità pittorica della composizione.
Scheda scientifica: Ferdinando Arisi, 1991
Scheda scientifica: Ferdinando Arisi, 1991
Personalità poliedrica, lavora prevalentemente a Parma ma inizia l'attività come pittore di figura e affresco a Milano. Si forma tra il 1665 e il 1675 a Piacenza, allievo di G. Nuvolone, ove si specializza nella natura morta (natura in posa), fra la quale colloca di tanto in tanto, vivaci bimbi, vecchi mendicanti, fanciulle indaffarate: è quasi un osmosi fra il mondo della povera gente, la ricchezza della natura e le dispense delle nobili famiglie parmensi. I suoi precisi tocchi di luce evidenziano i cibi affastellati come in una vetrina di campionario.
Nel 1673, sui bozzetti di Virgilio Draghi, dipinge le scene de L'inganno trionfato, musica di Francesco Maria Bazzani, rappresentato nel Teatrino della rocca di Sissa. Nel 1680 decora il Teatro di Fontanellato in chiaroscuro con stemmi della famiglia Sanvitale, ritratti di autori famosi, favole di Ovidio e nel soffitto le muse dell'architettura e della fama. Per quel Teatro dipinge anche le scene. Quando alla fine del 700 il Teatro fu demolito, alcuni frammenti pittorici vennero conservati nella Rocca.
L'unico quadro di figura documentato a noi giunto è l'“Ecce Homo” del 1702 (Piacenza, chiesa di Santa Brigida). Del periodo tardo della sua attività abbiamo un buon numero di nature morte raccolte attorno alle due tele della Galleria Campori (Modena) di sicura datazione: 29 marzo 1730. Qui l'artista sembra ricollegarsi ai precedenti cremonesi del genere e risentire degli influssi fiamminghi che da Genova, penetravano in Val padana. Ha temi e tagli simili a quelli del contemporaneo Crivellone; raffigura con senso di toccante realtà, una natura opulenta e greve, non senza suggestioni dal Crespi.
Principali musei e luoghi di culto in cui sono conservate le sue opere:
Bergamo, Accademia Carrara
Copenhagen, National Gallery of Denmark
Cremona, Museo Civico Ala Ponzone
Faenza, Pinacoteca Comunale
Firenze, Museo Bardini
Lecco, Galleria Comunale d'Arte
Mantova, Museo di Palazzo d'Arco
Parigi, Louvre
Parma, Pinacoteca Stuard, Museo Glauco Lombardi, Galleria Nazionale
Nel 1673, sui bozzetti di Virgilio Draghi, dipinge le scene de L'inganno trionfato, musica di Francesco Maria Bazzani, rappresentato nel Teatrino della rocca di Sissa. Nel 1680 decora il Teatro di Fontanellato in chiaroscuro con stemmi della famiglia Sanvitale, ritratti di autori famosi, favole di Ovidio e nel soffitto le muse dell'architettura e della fama. Per quel Teatro dipinge anche le scene. Quando alla fine del 700 il Teatro fu demolito, alcuni frammenti pittorici vennero conservati nella Rocca.
L'unico quadro di figura documentato a noi giunto è l'“Ecce Homo” del 1702 (Piacenza, chiesa di Santa Brigida). Del periodo tardo della sua attività abbiamo un buon numero di nature morte raccolte attorno alle due tele della Galleria Campori (Modena) di sicura datazione: 29 marzo 1730. Qui l'artista sembra ricollegarsi ai precedenti cremonesi del genere e risentire degli influssi fiamminghi che da Genova, penetravano in Val padana. Ha temi e tagli simili a quelli del contemporaneo Crivellone; raffigura con senso di toccante realtà, una natura opulenta e greve, non senza suggestioni dal Crespi.
Principali musei e luoghi di culto in cui sono conservate le sue opere:
Bergamo, Accademia Carrara
Copenhagen, National Gallery of Denmark
Cremona, Museo Civico Ala Ponzone
Faenza, Pinacoteca Comunale
Firenze, Museo Bardini
Lecco, Galleria Comunale d'Arte
Mantova, Museo di Palazzo d'Arco
Parigi, Louvre
Parma, Pinacoteca Stuard, Museo Glauco Lombardi, Galleria Nazionale
