Vautier Ben
Napoli, 1935
Amico di Yves Klein, di Daniel Spoerri, di Arman, di Boltanski, Le Cle'zio, Buren, partecipa all'attività del movimento internazionale Fluxus con Filliou, Brecht, Maciunas, La Monte Young. Specialista internazionale della “parola bianca tracciata su fondo nero”, Ben non smette mai di fare i conti con l’arte, il suo ego, le sue angosce e l’avanguardia artistica.
Ben Vautier trascorre a Napoli i primi cinque anni di vita, figlio di Max-Ferdinand, proveniente da una famiglia di pittori svizzeri e pittore lui stesso, e dall'ultima discendente di quei Giraud che nel 1787 erano partiti da Antibes per stabilirsi a Smirne in Turchia. Nel 1939 Ben (Beniamino Paolo Lucio) segue la madre dopo il divorzio, prima in Svizzera, poi in Turchia, poi in Egitto, quindi di nuovo a Napoli, poi di nuovo in Svizzera, per stabilirsi definitivamente a Nizza nel 1949. Questo per dire di una vocazione già tracciata o di una esperienza che impronta l'attività di Ben e spiega il carattere cosmopolita, instabile, costantemente in subbuglio del suo lavoro. Di più: l'indissolubile legame tra l'esperienza quotidiana e l'attività artistica lo spinge a dichiarare, nel 1958, che l'arte deve procurare choc ed essere nuova, e nel 1960 che tutto e' arte e tutto e' possibile in arte. Amico di Yves Klein, di Daniel Spoerri, di Arman, di Boltanski, Le Cle'zio, Buren, partecipa all'attività del movimento internazionale Fluxus con Filliou, Brecht, Maciunas, La Monte Young. Da qui si comprende l'espressione di uno spirito tumultuoso e straripante. L'arte di Ben, che s'interroga costantemente e costantemente capovolge i ragionamenti, si riassume, forse, nell'aforisma: "ho voluto dire la verità e ne ho fatto una menzogna"; giunge persino a trasformare la sua casa in un "work in progress" permanente.
Ben s’interroga costantemente sull’eredità lasciata da Marcel Duchamp e sulle conseguenze del “ready made”, finendo per dichiarare, in accordo con gli esponenti del movimento Fluxus: “Tutto è arte”. Le frontiere tra vita e arte sono completamente abolite. Ogni azione da lui intrapresa è opera d’arte: per esempio, vive per quindici giorni nella vetrina di una galleria di Londra nel 1962, proclama dichiarazioni “neodada” come quella: “Io sottoscritto Ben Vautier dichiaro autentica opera d’arte l’assenza d’arte”.
Ai suoi occhi la storia dell’arte si deve leggere in termini di rotture continue (di cui egli rappresenta l’ultima). Tra il 1958 e il 1972 gestisce una boutique di dischi usati a Nizza che diventerà una “scultura” in perpetua evoluzione a partire dal momento in cui egli decide di non buttare più nulla. All’apertura del Centro Georges-Pompidou a Parigi, essa viene acquisita dal museo, smontata pezzo per pezzo e rimontata nelle sale d’esposizione.
Specialista internazionale della “parola bianca tracciata su fondo nero”, Ben non smette mai di fare i conti con l’arte, il suo ego, le sue angosce e l’avanguardia artistica. Mettendo in discussione l’arte, la cultura e le stesse istituzioni artistiche e culturali, Ben ne rappresenta sia il complice che il beneficiario. Nel 1995 le gallerie contemporanee dei musei di Marsiglia hanno organizzato una grande retrospettiva della sua opera, dal titolo Pour ou contre, inaugurata durante il Festival Marseille Mediterranée 95, il cui vernissage terminava con un “Ballo a Ben”.
Nel 2007 la Provincia di Modena lo invita ad esporre quindici tela nella Chiesa di San Paolo nell’ambito del Festival della Filosofia. Il tema scelto è quello del "sapere dell'ego". Anche in questo caso, Ben tiene un atteggiamento contraddittorio: parte dalla constatazione che l'atto creatore è prodotto dell'ego dell'artista (io, super-io, pulsioni, ecc.), ma siccome l'artista tende a cambiare la situazione data, giunge a concludere che "per cambiare l'arte bisogna cambiare l'uomo, e per cambiare l'uomo bisogna cambiare, trasformare e perfino distruggere il proprio ego (io, super-io)”.
Ben non ha ancora terminato di regolare i suoi conti con il mondo dell’arte, con la cultura e con il suo ego.
Musei in cui sono conservate le sue opere:
Parigi, Musée National d’Art Moderne
Nizza, Musée d’Art Moderne et Contemporaine
Trento e Rovereto, Mart, Museo di Arte Moderna e contemporanea
Bibliografia:
Lara-Vinca Masini, Arte Contemporanea, La linea dell’unicità, Firenze, Giunti, 1989; C. Minière, L’art en France, 1960-1995, Paris, Nouvelles Editions Françaises, 1995
© Ben Vautier, by SIAE 2023
Ben s’interroga costantemente sull’eredità lasciata da Marcel Duchamp e sulle conseguenze del “ready made”, finendo per dichiarare, in accordo con gli esponenti del movimento Fluxus: “Tutto è arte”. Le frontiere tra vita e arte sono completamente abolite. Ogni azione da lui intrapresa è opera d’arte: per esempio, vive per quindici giorni nella vetrina di una galleria di Londra nel 1962, proclama dichiarazioni “neodada” come quella: “Io sottoscritto Ben Vautier dichiaro autentica opera d’arte l’assenza d’arte”.
Ai suoi occhi la storia dell’arte si deve leggere in termini di rotture continue (di cui egli rappresenta l’ultima). Tra il 1958 e il 1972 gestisce una boutique di dischi usati a Nizza che diventerà una “scultura” in perpetua evoluzione a partire dal momento in cui egli decide di non buttare più nulla. All’apertura del Centro Georges-Pompidou a Parigi, essa viene acquisita dal museo, smontata pezzo per pezzo e rimontata nelle sale d’esposizione.
Specialista internazionale della “parola bianca tracciata su fondo nero”, Ben non smette mai di fare i conti con l’arte, il suo ego, le sue angosce e l’avanguardia artistica. Mettendo in discussione l’arte, la cultura e le stesse istituzioni artistiche e culturali, Ben ne rappresenta sia il complice che il beneficiario. Nel 1995 le gallerie contemporanee dei musei di Marsiglia hanno organizzato una grande retrospettiva della sua opera, dal titolo Pour ou contre, inaugurata durante il Festival Marseille Mediterranée 95, il cui vernissage terminava con un “Ballo a Ben”.
Nel 2007 la Provincia di Modena lo invita ad esporre quindici tela nella Chiesa di San Paolo nell’ambito del Festival della Filosofia. Il tema scelto è quello del "sapere dell'ego". Anche in questo caso, Ben tiene un atteggiamento contraddittorio: parte dalla constatazione che l'atto creatore è prodotto dell'ego dell'artista (io, super-io, pulsioni, ecc.), ma siccome l'artista tende a cambiare la situazione data, giunge a concludere che "per cambiare l'arte bisogna cambiare l'uomo, e per cambiare l'uomo bisogna cambiare, trasformare e perfino distruggere il proprio ego (io, super-io)”.
Ben non ha ancora terminato di regolare i suoi conti con il mondo dell’arte, con la cultura e con il suo ego.
Musei in cui sono conservate le sue opere:
Parigi, Musée National d’Art Moderne
Nizza, Musée d’Art Moderne et Contemporaine
Trento e Rovereto, Mart, Museo di Arte Moderna e contemporanea
Bibliografia:
Lara-Vinca Masini, Arte Contemporanea, La linea dell’unicità, Firenze, Giunti, 1989; C. Minière, L’art en France, 1960-1995, Paris, Nouvelles Editions Françaises, 1995
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